Filippo Dal Fiore

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Tributo alla Grecia

September 1, 2011
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I motori si fanno roboanti, l’acqua del mare gorgoglia impetuosa in coda alla nave, un goffo testacoda ci proietta faccia a faccia con la terraferma. Di fronte a noi, il porto di Igoumenitsa.

Le vetture cominciano lo sbarco, mentre dal ponte i passeggeri contemplano la Grecia: montagne aspre e scoscese rivestite di macchia bassa e compatta, nuvole scure e minacciose, mare blu e spesso, scogli precipitati in mare; trambusto cittadino, truck scoperchiati, case non finite cinte da enormi terrazze, polvere, selva di cartelli pubblicitari pieni di fotografie e alfabeto greco, senso di Middle-East. Uno scenario paesaggistico drammatico, un biglietto da visita spettacolare  per i viaggiatori che si sono lasciati alle spalle le lunghe e timide colline di Ancona, con la sua armonia equilibrata di luci e colori.

Noi rimaniamo a bordo, proseguiamo in direzione sud, dove ci attendono i coni “vulcanici” del golfo di Patrasso congiunti dal monumentale arco di Rion-Antiron, miracolo della tecnologia e ponte strallato piu’ lungo al mondo. Sbarchiamo. La luce abbacinante del Peloponneso e l’autostrada E55, in cui le macchine gareggiano e ti costringono in una spuria corsia di emergenza, ci ricordano cosa possa significare scendere sette gradi di latitudine nella pancia del Mediterraneo.

Poi, con nostro sommo piacere, ci si apre davanti la baia di Navarino: incorniciata da un uniforme declivio collinare popolato da infinite distese di ulivi, cinta da montagne coniche in entrata e in uscita, disegna un semicerchio perfetto di golfo e spiaggia, lasciandosi alle spalle una laguna, e separandosi dalla macchia blu del mare aperto attraverso una lingua di terra collinosa a forma di S rovesciata, l’isola di Sfaktiria. Sullo sfondo verde, una gemma bianca, in evidenza sia di giorno che di notte: il paesino di Pilos. Il panorama rasenta perfezione e completezza. Sembra di entrare in una cartolina.

La nostra vacanza si dispiega in modo regolare e prevedibile. Ci lasciamo sorprendere dagli “occhi di Venezia”, due fortificazioni protese nel bacino sud-est del mediterraneo che i veneziani utilizzavano come stopover nel loro tragitto verso la terra santa. Indulgiamo nei giardini del monastero di Koroni, celebrazione del Mediterraneo: completo della totalita’ delle sue piante e dei suoi frutti, magnifica l’olfatto e la vista di qualsiasi visitatore. Dalle sue sommita’ si dispiega la veduta del Mani, la penisola attraverso cui la catena del Tagete precipita in mare: a tratti tanto gialla, aspra e spoglia che sembra caduta dalla luna.

Il resto, e’ vita di mare. In spiagge piu’ o meno recondite, o in pittoreschi paesini di pescatori in cui si respira la famosa “atmosfera” della Grecia. Mi chiedo di che cosa questa si componga e cerco di isolarne alcuni elementi, nel punto di congiunzione tra architettura urbana e architettura del paesaggio. Si tratta di un contesto fisico particolarmente conduttivo al benessere e alla convivialita’, compendiato qui in Messenia dalla gentilezza e deferenza dimostrata dalla maggior parte degli abitanti del luogo e dei visitatori. Anzitutto, la rilevanza del verde e degli elementi naturali all’interno degli spazi costruiti: le coperture di verde che sovrastano gli spazi aperti delle taverne, oltre che alcune piazzette e fette di spiaggia, si avvicinano a opere d’arte. Viti, palme, piante fiorite e enormi platani avviluppati tra loro regalano piacere alla vista e all’olfatto, oltre che un surplus di ombreggiamento e ossigenazione.

La ricerca del connubio con la natura non si limita al verde: sorprende notare quanti ristoranti posizionino i propri tavolini in plateatici talmente a ridosso del mare, che ci si augura che non venga mai a cedere nessuna sedia. Chi cena sulla riva, cosi’ come chi sorseggia un drink nei piani alti aperti o finestrati dei locali, godra’ di un’altra cosa alla quale i greci sembrano fare molta attenzione: il panorama sul paesaggio, sia esso quello naturale o quello “umano” della via sottostante. Il tutto accompagnato da un fresco tzaziki, da un bicchiere d’acqua che viene servito gratuitamente non appena ci si siede, nonche’ dalle melodie avvolgenti della musica greca, di gran lunga ancora la piu’ popolare e carica di esotiche sonorita’ medio-orientali. Questa propensione naturale verso il “chill-out”, il meritato rilassamento, trova la sua apoteosi nei beach bar, stilosi locali su spiagge altrettanto meravigliose: nonostante la ricercatezza “milanese”, un obrellone e uno sdraio sono alla portata di tutti. Alcuni ospiti europei parlano inglese, navigano con il Wi-Fi, si compiacciono di fare quelli avanti anche nella remotezza del Peloponneso. Molti di loro sviluppera’ forme piu’ o meno gravi di saudade verso la Grecia, ma vi fara’ ritorno molto presto…

Torno a casa e scopro che nei giornali la G di Grecia sta per terza lettera di “PIGS”,  acronimo che paragona Portugal-Italy-Greece-Spain (paesi europei accumunati dalla crisi del debito pubblico) a un branco di maiali. Poi accendo la televisione e osservo le rivolte di Atene: volti bardati, rabbia collettiva, distruzione, fuoco. Il trattamento riservato dai media a questo paese mi sembra non fare giustizia di tanta bellezza vissuta. Certo, i nodi vengono al pettine per la Grecia: cosi’ come il mondo globalizzato concede ai paesi sovrani di vivere al di sopra dei propri mezzi, allo stesso modo prima o poi arriva a chiedere il conto. E ci si dovra’ abituare a standard di vita piu’ bassi. Voglio dire, le cose possono andare  molto peggio: apro Google Earth e misuro 438 km tra Pilos e le coste della Libia, meno di quanti dividano Milano da Roma ed esattamente quanti separano New York da Washington DC. Mentre noi stavamo sorseggiando un freddo cappuccino deliziati dalla lounge music, 438 km piu’ a sud si stavano sparando dietro.

Certo, un tributo alla Grecia non si puo’ concludere con una nota cosi’ triste. Meglio portarsi dietro la memoria di tutta la magia di questo paese a cavallo tra l’Europa e il Medio Oriente. E continuare ad apprezzare la bellezza e la positivita’ di cui tutti i paesi del mondo sono colmi, Libia compresa, nonostante i mono-temi che ci propongono i media e le difficolta’ del momento.
Straccio i giornali di fronte a me e mi crogiolo nei ricordi.

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