Filippo Dal Fiore

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Un’indigestione di autoreferenzialita’

June 18, 2013
autoreferenzialita

Reduce da un lungo lavoro al servizio di un programma di finanziamento pubblico,
sfoglio a ritroso gli appunti cercando un fil rouge. Mi soffermo sull’involontaria autoreferenzialita’ del lavoro svolto, un aspetto che mi ha molto colpito nel corso dei 18 mesi trascorsi a redigere un rapporto di sviluppo socio-economico macro-regionale insieme ad esperti di altri paesi europei.

Cosa potrebbe mai essere questa presunta autoreferenzialita’?
Forse il fatto che il lavoro sia stato utilizzato piu’ per confermare le assunzioni di partenza (per l’appunto, il punto di referenza), piuttosto che per fare nuova luce sull’oggetto di studio. O che i suoi autori abbiano fatto qualcosa che piacesse anzitutto a loro, prima ancora che ai loro utenti finali. O che essi siano stati selettivi nell’informazione presentata, sollevando per lo piu’ domande a cui potevano essere fornite risposte conosciute e gradite.

Sembra che la natura dell’autoreferenzialita’ sia la stessa dell’autocentratura: ci si pone piu’ al servizio di se’ stessi che degli altri.
Nella maggior parte dei casi lo si fa inconsciamente e in buona fede, pensando che i nostri bisogni e le nostre sofisticazioni coincidano con quelli dei destinatari del nostro lavoro. Si tratta di un problema che forse affligge maggiormente il settore pubblico piuttosto che i privati, dal momento che questi ultimi sono obbligati a fare qualcosa di utile per i propri clienti se vogliano restare sul mercato. Allo stesso modo, ne e’ forse piu’ vittima chi lavora con l’intelletto piuttosto che chi si confronta con la fisicita’ delle cose: un ponte non conforme alla forza di gravita’ crollera’ da un momento all’altro; un’ideologia non conforme al buon senso potrebbe comunque sedurre chi la propone e chi la utilizza, anche perche’ i suoi risultati sono enormemente piu’ complicati da valutare empiricamente (nei fatti che producono).

Almeno altri due fattori accentuano l’autoreferenzialita’ sul lavoro: da una parte la presenza di un interesse di parte (personale o di gruppo); dall’altra l’ignoranza rispetto a modi diversi di inquadrare e fare le cose. Il primo fattore e’ piuttosto evidente: potrebbe esistere un incentivo all’autoreferenzialita’ e all’auto-promozione in tutti i casi in cui esistano degli interessi in gioco. E’ plausibile che piu’ un’arena politica, economica o mediatica diventi affollata e competitiva, piu’ i loro attori assumano posizioni autoreferenziali e auto-celebrative. Ipotizzo qui che la competizione e la competitivita’ non agevolino l’onesta intellettuale, e nemmeno altre forme di onesta’…
Anche il secondo fattore e’ forse semplice da cogliere: nell’ignoranza di tutti gli altri modi in cui le cose potrebbero essere fatte, ci si arrocca sulle proprie posizioni, finendo per costruirvi un castello sopra e molte giustificazioni. E’ il motivo per cui, a mio avviso, le forme educative dovrebbero cercare di stressare la componente “inter-”, ovvero inter-culturale, inter-disciplinare, e di tutto quello che ha a che vedere con la comprensione dell’altro.

Piu’ il mondo si fa complesso, interconnesso e competitivo, piu’ il problema dell’autoreferenzialita’ diventa rilevante. Oltretutto, tutti noi comuni cittadini ne siamo piu’ o meno vittime, con un effetto che chiamerei simpaticamente “indigestione e disgusto” (per capirci, quello provato in Italia di fronte ai formulari della pubblica amministrazione, o alla copertura mediatica degli intrecci politici).

Allontanandoci dalla semplicita’, l’autoreferenzialita’ rischia di ingolfarci la vita e il pensiero. A ben vedere, pero’, e’ anche una forma di protezione che gli uomini adottano contro la complessita’ del mondo e le richieste degli altri, a maggior ragione nelle societa’ piu’ avanzate e sofisticate e in presenza di Internet. In un contesto come questo, tutti noi sentiamo giustamente il bisogno di “farcela e raccontarcela”, di crederci piu’ importanti di quello che siamo, di interpretare semplicisticamente la realta’ che ci circonda piuttosto che accettare di non capirla in pieno. Se e’ vero che il lavoro autoreferenziale e’ lavoro sganciato da un universo concreto di riferimento, allora nel futuro non potremmo piu’ pensare a un’educazione completamente sganciata dal lavoro manuale, occasione unica per rientrare in comunione con la concretezza del mondo. Riguadagnandoci l’umilta’ necessaria per dare spazio agli altri e alla ricchezza che ci circonda.

Su temi correlati si legga anche Capire contro Comunicare, Sull’Umilta’
[Immagine: ©Tagliaerbe.com]

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