Filippo Dal Fiore

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Quale educazione per il mondo?

November 8, 2013
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L’aereo vira a sinistra, preferendo i cieli dell’Iraq a quelli della Siria. Ci si spalanca di fronte la piana del Tigri, sfilano Mosul, Kirkuk, Baghdad, fino ad arrivare al Golfo. Di notte, l’Iraq appare come un’unica citta’ lungo il grande fiume; intorno, sporadiche, le fiamme dei pozzi petroliferi punteggiano il deserto. Lasciati alle spalli i teatri di guerra, approcciamo ora il porto franco di Doha, in Qatar.

Scendo la scaletta dell’aereo e mi sembra di non avere mai lasciato Venezia, fatto salvo che questo stesso caldo umido lo esperiamo a fine luglio invece che a fine ottobre. Mi lusinga essere scortato a una sala d’accoglienza speciale per i partecipanti di “WISE”, summit mondiale sull’innovazione in ambito educativo. Mi accolgono datteri e comode poltrone, e infine un grande hotel lussuoso ma anonimo, fatto e circondato da tanto, tantissimo cemento.

Ospite della Fondazione Qatar vengo servito e riverito per tre lunghe giornate, qui nel bel mezzo del loro capolavoro utopico urbano recentemente emerso dal Deserto Arabico e dal Golfo Persico. Noi centinaia di partecipanti prelevati da ogni angolo del mondo non possiamo che apprezzare la grande generosita’ della Sceicca Moza, qui proverbiale. Il summit ha luogo all’interno dello sconfinato Qatar National Convention Center, dirimpettaio all’Education City popolata dalle sedi distaccate di quotate universita’ americane e globali.

La varieta’ di facce, genti e nazionalita’ suscita grande meraviglia, gioia e speranza. Siamo un riassunto del mondo e siamo tutti animati da un obiettivo e valore comune, quello dell’educazione. I colori e la raffinatezza degli abiti nazionali africani e asiatici fanno passare in un triste conformismo noi occidentali e occidentalizzati. Per qualche motivo intesso nuove conoscenze soprattutto di area indiana allargata (India, Pakistan e Bangladesh), scoprendo persone sofisticate e di grande cuore. Mi aiuta essere italiano, gli anglosassoni appaiono piu’ distaccati e disinteressati. La sera ci spostiamo nel Souq Waqif di Doha, dove colpisce la convivenza pacifica dei qatarioti vestiti in abiti tradizionali  – gli uomini avvolti in bianco, le donne in nero nell’abaya – con un melting pot degno di New York City. Sembra che gli autoctoni ci ignorino, chissa’ cosa pensano di noi, ma intanto siamo tutti qui, insieme, a frequentare le stesse strade e gli stessi ristoranti.

Il tema del summit di quest’anno e’ “Reinventing Education For Life”, reinventare l’educazione per la vita. E’ uno dei motivi per cui e’ probabilmente piaciuta la mia idea futuribile di nuovi percorsi di mutuo apprendimento tra professionisti di settori diversi. I temi piu’ discussi riguardano pero’ l’universo educativo tradizionale, in primis quello della scuola: nuovi metodi di valutazione, formazione degli insegnanti, adeguamento alle richieste del mercato del lavoro, avvento dell’e-learning, modelli di accesso all’educazione per i bambini poveri. Ci si meraviglia di quando il mondo dell’educazione sia cambiato poco al cospetto delle grandi trasformazioni sociali ed economiche degli ultimi decenni. Si cerca di ampliare il focus dall’educazione all’apprendimento, quest’ultimo vissuto dal singolo anche soprattutto al di fuori dalle mura scolastiche ed universitarie.

Mi colpisce la difficolta’ ad alzare lo sguardo dalle agenzie educative formali per rivolgerlo anche a mondi apparentemente lontani, ma in realta’ molto vicini quanto a capacita’ di impattare l’operato delle istituzioni educative stesse. Penso, in primis, ai media. Alzo la mano e mi preparo questa domanda: a proposito della necessita’ di trasmettere nuovi valori attraverso l’educazione, come ci comportiamo di fronte all’affermarsi di MTV come agente educativo globale, ci piaccia o meno o ne siano i suoi produttori piu’ o meno consapevoli?
Una seconda domanda riguarda invece il mondo della scienza, a me famigliare: in quale grado possiamo aspettarci un cambiamento dagli insegnanti se non cambiano le discipline scientifiche di cui essi si fanno portavoce? In fin dei conti, mi dico, si educa sempre a dei contenuti e ad una cultura, e quindi un focus esclusivo sulle metodologie o sulle istituzioni educative racconta solo parte della storia. Il come educare non dovrebbe farci perdere di vista il che cosa educare.

Dopo tre giorni, sorprende constatare di quanto l’educazione venga considerata un valore buono e giusto in se’ e per se’, perdendo la consapevolezza di quanto sia altrettanto facile educare alle cose sbagliate e dannose, piuttosto che solo a quelle buone e costruttive. Educare alla chiusura mentale, all’intolleranza e all’odio e’ forse piu’ facile che educare ai sentimenti opposti, per i quali e’ forse necessario un reale sforzo di comprensione piuttosto che la scorciatoia del dogma. A quali valori vogliamo educare i nostri figli? Ci soddisfa l’enfasi monodirezionale che il mondo moderno ripone sul lavoro, sui talenti, sul successo e sull’essere i migliori, o piuttosto crediamo che sia utile e necessario rivalorizzare anche altre sfere valoriali? Vogliamo celebrare solo l’ambizione e il risultato o anche l’umilta’ e il servizio?

Ci avviciniamo alla chiusura di questo forum dell’educazione. Oggi come non mai colgo il fascino e la complessita’ di un mondo che parla anche di altri mondi quando parla di se’ stesso. In fin dei conti, ci si educa a tutto: alla vita, a un lavoro, a una disciplina, a dei principi, a stare in famiglia, in societa’ o nella natura. Da questo punto di vista educare dovrebbe essere prima di ogni altra cosa l’insegnare ad apprezzare e rispettare la bellezza di quello che ci circonda, tutelandoci dal rischio di divinizzare o demonizzare alcune cose sulle altre. Ipotizzo che l’educazione di piu’ grande qualita’ nutra l’agiatezza e l’apertura di mente e cuore di chi la sperimenta, facendo leva nella giusta misura su una componente di immediata gratificazione. E’ in queste condizioni che l’uomo puo’ forse anche essere piu’ etico, perche’ aspettarsi qualcosa di meglio da un uomo stressato o dogmatico?
Einstein sosteneva: “Bisognerebbe evitare di predicare ai giovani il successo nella solita forma come lo scopo principale nella vita. Il motivo più importante per lavorare a scuola e nella vita è il piacere nel lavoro, piacere nel suo risultato, e la consapevolezza del valore del risultato per la comunità.”

Salgo in aereo e in un battibaleno sono gia’ sulla strada del ritorno. Il povero Iraq sfila nuovamente sotto i miei piedi, questa volta sotto la luce del giorno. Oggi sono pero’ sono piu’ stanco: decido saggiamente di non sovraccaricarmi con altre letture, ma accendo il mio piccolo schermo a sedile. Mi godo gli ideali e la splendida poesia di un film indiano di Bollywood, in onore dei miei nuovi amici da quella parte del mondo. C’e’ forse da augurarsi che la rieducazione del mondo al futuro spetti anche e soprattutto a loro.

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