Filippo Dal Fiore

on37qi - fhwkht - od9tla - 9hb937 - 01updz - vhnwvs - sut8dn - x8eo8k

Blog

Transitare verso un nuovo sistema

April 1, 2020
6a00d8341c109653ef01b8d1f09b31970c

Sono passate ormai molte settimane dall’avvio della crisi globale del Coronavirus. Scopriamo ora più che mai quanto interconnessi siamo tutti in questo mondo, e una difficoltà che inizialmente appariva confinata a un singolo paese in poco tempo si espande in molti altri senza consenso né prevedibilità.

Difronte al diffondersi di un singolo agente patogeno, l’intero sistema economico-sociale planetario si ritrova ad esperire un inedito ed imponente blocco. Quella che era crescita economica diventa improvvisamente decrescita, con gli stati nazionali che – nonostante i deficit – erogano denaro di maniera diretta ai propri cittadini. Dall’oggi al domani la maggior parte delle persone non si muovono ne’ lavorano più come prima, acquisendo una prospettiva diversa su quello che prima consideravano il funzionamento normale della propria società.

Difronte a questa situazione, l’attuale sistema socio-economico non sembra putroppo avere molte carte da giocare.  Anche se a livello complessivo-statistico l’infezione risulta prevalentemente gestibile e guaribile, la crisi viene costantemente raccontata in termini monodirezionali e drammatici dai media, alimentando la paura e riponendo ogni aspettativa e speranza nel settore medico-farmaceutico.
Mi domando cosa resterà dentro di noi quando l’emergenza sarà finita, ma l’incertezza e l’imprevedibilità del mondo continuerà ad esserci: di quali lezioni avremo fatto tesoro?
Non credo di essere l’unico di questi tempi ad affermare che è urgente una rivisitazione dell’intero sistema, verso una sua inevitabile evoluzione o, in alternativa, risoluzione. Difronte alle sfide attuali, siamo a mio avviso tutti a chiamati a pensare molto più in grande, e di maniera molto meno convenzionale di quanto siamo abituati a fare.

Da una prospettiva generale, il “sistema di sistemi” attuale presenta infatti alcune caratteristiche che lo rendono vulnerabile e che, prima poi, andranno superate. Il mondo sociale, e noi stessi che lo formiamo, a mio avviso soffriamo infatti di queste tendenze:

- autoreferenzialità: ci innamoriamo di noi stessi e dei nostri mezzi, fino a farli diventare dei fini
- riduzionismo: non riusciamo a comprendere la complessità e l’interdipendenza dei fenomeni e delle persone
- focus sul negativo: conduciamo una battaglia contro quello che non piace, piuttosto di accogliere in pace quello che c’è

Questo vale (e non potrebbe che essere così, perché tutto è collegato) a tutti i livelli.
Viviamo infatti dentro un paradigma di pensiero in cui:

- il sistema medico-farmaceutico predominante è più focalizzato sul descrivere e combattere le malattie, piuttosto che nel comprendere e coadiuvare il benessere e la guarigione
- il sistema mediatico predominante è più focalizzato sul discoprire e sensazionalizzare il negativo e quello che manca, piuttosto che nel dare spazio al positivo e quello che funziona
- il sistema finanziario-economico predominante è più focalizzato in una crescita fine a sé stessa di sé stesso, piuttosto che nel porsi in ascolto e al servizio dei bisogni sociali e ambientali più urgenti
- il sistema politico-legislativo predominante è più focalizzato nell’acquisizione e nel mantenimento di potere e rendite di posizione, piuttosto che nel governo della cosa pubblica nell’interesse più alto di tutti
- il sistema educativo predominante è più focalizzato sulla trasmissione di nozioni rilevanti all’interno di confini disciplinari e parziali, piuttosto che su consapevolezze ed abilità di ampio respiro per l’umanità intera
- il sistema scientifico-tecnologico predominante è più focalizzato a perseguire sperimentazioni e pubblicazioni fini a sé stesse e figlie della propria visione auto-centrata, piuttosto che aprire orizzonti autenticamente nuovi
- il sistema dell’attivismo socio-ambientalista predominante è più focalizzato nel dipingere in modo completamente negativo lo status quo, piuttosto che riconoscere la complessità e i meriti di ogni situazione
- il sistema religioso predominante è più focalizzato nella conferma di testi antichi e impostazioni convenzionali, piuttosto che nell’aprire nuove strade d’amore

Se questa analisi è corretta, risulta evidente che il passo avanti lo faremo – e lo stiamo già facendo – dall’interno di noi stessi. Ci è richiesta una transizione emotiva e di pensiero che ci sollevi dall’egocentrismo, che ci supporti nella gestione di paure e dipendenze, che contenga le urgenze ad auto-proteggerci/promuoverci, che ridimensioni i nostri personalismi così come le nostre istanze moralistiche.
Tutto quello che è chiusura ed ideologia si tramuterà poco a poco in apertura ed umiltà: alzando lo sguardo, scopriremo che non siamo soli. Riscoprendo il valore del servizio, riusciremo anche a riscoprire l’immensa forza dell’apprezzamento: rinascerà in noi una naturale tensione verso il positivo per tutti, verso quello che funziona e ci dà più autentico appagamento, verso ciò che in fin dei conti vogliamo per noi stessi e per gli altri.

Il Coronavirus, a ben vedere, ci presenta la punta dell’iceberg: sotto ci siamo noi e il mondo sociale che abbiamo creato. Nel mondo straordinariamente e immensamente complesso del 2020, non è più pensabile reagire solo con strumenti di controllo e di previsione, ma serve anche e soprattutto reimparare a riappacificare gli animi, nonostante tutto e tutti. Non sono un surfista, ma credo che i surfisti sappiano fin troppo bene che le onde non si cavalcano con forzature e timori, ma con rispetto, gentilezza e fiducia. Così a mio avviso dovremmo cercare di fare anche noi in questi tempi di tumultuosi cambiamenti e incertezza.

In conclusione, per tutto quello che ho sostenuto fino a qui, il sistema che verrà si definirà necessariamente per sottrazione, invece che per addizione. Saremo tutti chiamati a fare di meno, molto di meno: meno mediatizzazione, meno medicalizzazione, meno tecnologizzazione, meno finanziarizzazione, meno politicizzazione. Meno lavoro convenzionalmente definito. Meno tutto.
Sembra che di questi tempi di quarantena il pianeta che lo dica chiaro e forte: occorre che la domanda principale cambi dal “che cosa possiamo fare?” al “che cosa possiamo smettere di fare?”: è proprio necessario? Cosa mi muove nel fare questo e a che cosa rinuncio se procedo nell’azione? Si tratta di un fine autentico? Mi fa veramente bene?

Per guarire il mondo, credo che occorra cominciare, umilmente, da noi stessi.

Immagine: Umanesimo Firenze 2015

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

*

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>

RSS Feed