Filippo Dal Fiore

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Primavera 2020

May 4, 2020
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Inforco la bicicletta e dopo quasi due mesi valico il confine che separa il mio quartiere dal centro di Padova. E’ il pomeriggio del 2 Maggio, il sole splende e l’aria è frizzante. In un battibaleno scivolo tra le strette vie fino alla Piazza del Santo e quindi a Prato della Valle.

Mi fermo e catturo in un solo sguardo tutta la bellezza che mi circonda: mi lascio sopraffare dalla gioia palpabile di tanta gente che, quasi incredula come me, si riappropria di questo meraviglioso spazio dopo tanto tempo. Tutti si muovono, tutti si esprimono: biciclette da passeggio, bici da corsa che sfrecciano, famiglie con il passeggino, ragazzi con lo skateboard; chi in coda per un gelato, chi si dirige verso l’ombra di un albero, chi preferisce ammirare una delle tante statue. Tutti con la mascherina, tutti attenti alle distanze, tutti visibilmente pieni di voglia di assaporare ogni istante di quell’improvviso sprazzo di libertà.

Volto la bici, un po’ a malincuore, per fare calmo ritorno verso la mia zona. Rivalico il confine in entrata attraversando la circonvallazione interna, riabituandomi lentamente agli edifici più moderni e alle vie alberate che per così tanto tempo sono stati l’unica estensione di me.
Rientro quindi a casa, in quello che nel frattempo è diventato il micro-mondo del mio palazzo. Mi appare così: anziano, imponente, in dialogo costante con gli edifici circostanti, cinto da ampie strisce di giardino i cui alberi conosco ormai per nome proprio. La prospettiva torna piano a piano a restringersi, restituendomi un focus aumentato sugli spazi e sui tempi della quarantena: il cortile intorno al quale corro, quasi tutti i giorni; il meraviglioso pompelmo e il profumatissimo glicine, sotto ai quali mi sono rifugio a lavorare il pomeriggio; le piante vigorose e fiorite, che ormai non riesco più a fare a meno di bagnare la sera; le nostre automobili ferme da tempo, percepite con un inaspettato senso di sollievo perché non dobbiamo usarle; l’appartamento, la nostro grande e bellissimo appartamento all’ultimo piano ora liberato da tanti oggetti non necessari; la terrazza, risistemata con cura e apprezzata in ogni momento della giornata (ora ospita pure delle piantine di pomodoro!)

Sono stati due mesi difficili per tutti e di grandi sofferenze per molti, e stiamo tuttora imparando a convivere con una situazione di incertezza. Da parte mia, sono determinato a far sì che il loro lascito sia positivo e migliorativo. Mi rendo anzitutto conto che la quarantena mi ha portato a scoprire un modo di vivere più radicato, per così dire: nella sua forzata ristrettezza, sono infatti costretto a riporre un’attenzione maggiore e migliore verso ciò che immediatamente mi circonda.
“Puoi andare dove vuoi”, sembra che mi dica, “ma non trascurare casa tua”. A ben vedere, non posso che darle ragione: quante cose da sistemare, quante dinamiche in sospeso, quanto appesantimento di cui liberarsi, quanta cura in più da offrire!
Per uno come me, sempre in giro per il mondo con il corpo e con la testa, niente se non una pausa forzata avrebbe consentito questo.
Mi piace pensare alla quarantena come un ramadan, per me stesso e per il mondo, un periodo di purificazione indispensabile per poi ripartire più forti, più saldi, più chiari sul futuro che vogliamo.
E’ con soddisfazione, quindi, che vi presento qui di seguito i capitoli della mia storia:

Capitolo 1: Casa
La prima cosa che ti viene in mente, dovendo rimanere inaspettatamente e continuativamente a casa, è cominciare a sistemare. Accompagnati da un po’ di buona musica o da qualche contenuto su Internet, lo facciamo un po’ alla volta, stanza per stanza, angolo per angolo. Provo sollievo nel riempire tanti scatoloni di oggetti ormai superflui. Provo stupore nel rimaneggiare vecchie fotografie, nell’ascoltare vecchi CD con musiche dai nostri viaggi, nel riaprire libri importanti che mi ero dimenticato di avere. Provo benessere nel liberare e ottimizzare tanti spazi: la casa sembra più grande, ci fa respirare di più.
Quanta vita, quanta ricchezza, quante cose successe in questi anni!

Capitolo 2: Relazioni famigliari
Una bella sfida quella di vivere pressoché continuativamente tutti e quattro insieme, in cento metri quadrati. Si riducono gli spazi e i tempi dedicati al confort personale; si fondono i tempi del lavoro con quelli del riposo; si riconfigurano le attività giornaliere da fare insieme o da soli. La vicinanza sembra fungere da acceleratore di dinamiche relazionali latenti su cui c’è richiesta un’ulteriore crescita, questioni non sempre facili e ancora irrisolte. Più caos e più litigi non necessariamente portano chiarezza, ma qualcosa si è messo in moto dentro di noi e, come per magia, si cominciano ad intravvedere inediti spiragli di maturazione. Riscopriamo nuovi semplici modi di stare tutti insieme di maniera intima, come il film di famiglia la sera; impariamo a prestare più attenzione verso le diverse istanze ed esigenze individuali; re-intercettiamo routine di sonno ed alimentazione più sane.
Sembra esserci molta grazia in questo processo di crescita che ci coinvolge come persone e come famiglia.

Capitolo 3: Vicinato e relazioni amicali
Mi rendo conto che circolano tante opinioni in merito, ma io trovo le relazioni di vicinato…non sempre facili, ma potenzialmente meravigliose. Mai come in questo periodo ho percepito la solidarietà del vivere gli uni accanto agli altri e del sentirsi tutti nella stessa barca. Per la prima volta dopo molti decenni, gli spazi esterni del nostro condominio si sono ripopolati di vita: con le debite attenzioni, ci tratteniamo tutti molto più a lungo e i cani di alcuni condomini sono diventati i migliori amici dei bambini di altri (mia figlia a dire il vero sconfina richiamando a sé anche il cagnolino della vicina!).
Da cancellata a cancellata, abbiamo cominciato a chiacchierare con i residenti delle case e palazzi che ci circondano, regalandoci conversazioni molto aperte con coloro prima salutavamo di corsa o non conoscevamo nemmeno. I vicini sono entrati a far parte del nostro mondo e, a dirla tutta, si sta bene con loro: la loro presenza alla pari “mi riempie”, così come mi riempiono le chiacchierate virtuali con tanti famigliari e cari amici sparsi per il mondo. La quarantena ci ha reso tutti improvvisamente disponibili e in ascolto: non solo in queste settimane ho risentito “pezzi di me e della mia storia” che non sentivo da anni, ma ho anche percepito un affetto e un amore speciali tra di noi.
Sentirsi risultava quasi necessario, ed equivaleva ad aprirsi con ancora più autenticità.

Capitolo 4: Giardino e natura
Che dire della natura primaverile?
La prima parole che mi viene in mente è scoperta, perché di questo si è trattato: la permanenza prolungata nel nostro giardino condominiale mi ha aperto un mondo, anche grazie alla poesia dei bimbi che mi hanno supportato nelle attività di giardinaggio. Dal passeggiare tra le piante siamo passati al rimuovere le erbacce e potare i rami secchi; poi a innaffiare la sera; poi a prenderci cura delle rose; poi a seminare qualche erba aromatica; e infine a prenderci cura di alcuni uccelli con residenza fissa nel nostro giardino. Ora la sera prima dell’imbrunire quasi non posso fare a meno di scendere giù a mettere le mani sulle piante, aprendomi a quello che hanno da offrirmi: i profumi sono più intensi, i colori e i fruscii sono più vivi, le dimensioni stesse sembrano aumentate: altro che “alberello insignificante” in confronto a chissà che cosa, quel pompelmo è un vero tesoro!
Mi piace pensare che non sia un caso se questa quarantena sia capitata proprio di primavera. E non solo una primavera qualunque, ma una primavera clamorosamente piena di sole e di luce, con gradi di temperatura e di umidità ideali per la vita all’aria aperta.
Quanta grazia, ancora una volta, ad accompagnare un periodo così delicato e difficile.

In conclusione, non posso che rimanere una volta in più stupefatto da constatare quanto ho ricevuto in questi cinquanta giorni di pausa forzata. Mi è stato richiesto molto, di sicuro, incluso l’affrontare il timore di convivere con l’incognita del virus, ma il nuovo livello di consapevolezza, forza e ricchezza interiore a cui ho avuto accesso sono un grande dono d’Amore che mi rende ancora più preparato al futuro.
Non so quanto si prolungherà questa situazione, il desiderio di vivere l’estate normalmente rimane molto forte, ma ormai ho imparato a fidarmi. Ho capito che non solo è possibile vedere il bicchiere mezzo pieno, ma è proprio quello che la vita ci chiama costantemente e “disperatamente” a fare. Ci vorrebbe un mese di quarantena auto-imposta ogni quadrimestre, mi verrebbe da dire, e questo è clamorosamente evidente osservando quanto in queste settimane la Natura e il pianeta abbiano potuto respirare e rigenerarsi. E noi con loro, in ultima istanza, perché ne siamo completamente parte. Sento che è proprio questo il dono significato ultimo di chi ci lascia per sempre per il coronavirus: prenderci maggiore cura di noi stessi e del pianeta sarà il modo più bello attraverso cui potremo onorarli.

Maggiore essenzialità nei consumi e negli stili di vita.
Riscoperta dell’amore verso la natura.
Senso di essere al mondo alla pari: tutti in viaggio, tutti nella stessa barca.
Rivalutazione di quanto ci sta intorno, liberi da artificiosi confronti con quello che sta intorno agli altri.
Rilocalizzazione delle attività economiche, ove possibile.
Maggiore consapevolezza di cosa ci faccia veramente bene, a noi e al pianeta.
Connessioni locali più forti, ma anche più leggere e meno spaventate dalla diversità.
Più bicicletta, meno automobile.

Bene, credo di essere arrivato in fondo all’articolo. Si è fatto quasi mezzogiorno e a questo punto il richiamo del sole e della natura primaverili si fanno irresistibili.
La sentite anche voi la Magia nell’aria queste settimane? La dolcezza del vento che smuove le fronde degli alberi, la profondità dei silenzi che avvolgono la città, il vociare sparso delle persone e dei bambini, i cieli incredibilmente liberi e azzurri, il tripudio della gemmazione prima, della fioritura poi e del rigoglio adesso…
Mi sento umile di fronte a tutto questo: è un miracolo verso il quale non posso che offrire tutta la mia gratitudine.

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