Filippo Dal Fiore

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America: centro del mondo, fuori dal mondo?

March 22, 2009
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In America è come se ti trovassi di fronte a uno strano paradosso.
Hai sicuramente la sensazione di essere “al centro del mondo”, non solo perché vedi e incontri persone di qualsiasi razza e nazionalità d’origine, quanto anche perché ragioni sempre con una prospettiva e un raggio d’azioni globali. L’umanità intera deve beneficiare del tuo lavoro per il suo bene e progresso. Inoltre, grazie alla globalizzazione, le scelte politiche ed economiche degli Stati Uniti fanno sentire il loro influsso in tutti i paesi del mondo.
Allo stesso tempo però ti senti “fuori dal mondo”, nel senso che percepisci che il paese in cui stai vivendo abbia un’idea un po’confusa o, meglio, iper-semplificata, di cosa c’è “out there”.

In America si ragiona spesso per macro-raggruppamenti: i latini, gli europei, gli asiatici; c’è quindi la speranza e la pretesa di fare del bene per l’umanità intera, senza sapere molto dell’incredibile varietà culturale che la compone. Gli americani pensano di conoscere le culture del mondo anche perché queste stesse culture sono rappresentate all’interno dei confini dell’America stessa, attraverso quelli che potrebbero essere definiti degli avamposti.
Loro stessi sono arrivati (prima o dopo) da tutte le parti del mondo ed è come se avessero deciso di fare della nuova terra un grande laboratorio per l’umanità, credendo di rappresentarla fedelmente. Alla domanda “Conoscete il mondo?” un americano potrebbe rispondere “We are the world”.

Sappiamo pero’ quanto distante sia l’ovattata realtà del laboratorio dalla complessità e varietà del reale, quanto le condizioni sperimentali siano difficili da ricreare, quanto una qualunque variazione non prevista possa far fallire un qualsiasi esperimento. I recenti tentativi falliti di esportazione di democrazia e mercato in Iraq e Afghanistan dimostrano ancora una volta il peso dei fattori culturali e politici. Smentiscono una certa convinzione diffusa in America per cui “they all want to look like us!” (vogliono tutti diventare come noi), giustificata dall’avanzata globale di MTV, delle scarpe da ginnastica, di Internet.

In USA, invece, la stessa convivenza in uno stesso luogo di culture differenti ha fatto sì che, per evitare la paralisi, ci si dovesse accordare su protocolli semplici e concreti, andando oltre le singole specificità culturali che sarebbero state di impaccio per prendere decisioni e intraprendere nuove iniziative. Un processo di semplificazione culturale e inter-culturale che puo’ pero’ convivere con il tentativo di conservare l’autenticita’ nell’ambito della vita privata.

E’ così che mi spiego il paradosso: in America sono al tempo stesso “al centro del mondo” ma anche “fuori dal mondo”.

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