Filippo Dal Fiore

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L’altra faccia della medaglia

July 26, 2012
italia-germania-esportazioni

Dritto in mezzo ai boschi corre il nostro treno in una bellissima giornata di sole. Si inclina leggermente e dalla macchia verde spunta timido il grattacielo della BMW. Siamo gia’ entrati a Monaco di Baviera, ma quasi senza accorgercene: i boschi di conifere e latifoglie si estendono senza discontinuita’ dalle Alpi alla citta’. Una citta’ nascosta nel verde.
Scesi dal treno, Monaco si fa immediatamente riconoscere all’olfatto: l’inconfondibile profumo di wurstel profuso dal chiosco piu’ vicino; il singolare odore di gomma di cui sono pervase le stazioni dell’immensa rete metropolitana.

Tutto il resto non sembra essere fatto per violare la sensibilita’ degli abitanti, a cominciare dall’utilizzo ultra-parsimonioso se non inesistente dei clacson delle auto. La natura e’ dappertutto: tra un isolato e l’altro, sistematicamente, occupando tanta superficie quanto gli edifici stessi; dentro i locali, i famosi bier garten in cui si cena e si beve in mezzo agli alberi; all’Englischer Garden, il piu’ grande parco pubblico d’Europa; dentro le stanze degli alberghi e delle case, dove la fanno volentieri da padrone il legno semplice (dei letti, degli armadi, dei parquet) e il silenzio (anche grazie allo spessore delle pareti).

Passeggio per le vie del centro e penso che c’e’ qualcosa di speciale in questa citta’ che fa innamorare il visitatore. Non puo’ essere solo l’architettura, mi dico. A parte i bei monumenti principali di Marien Platz e dintorni, la citta’ e’ stata ricostruita dopo la guerra. Piu’ che bella quanto tante altre grandi citta’ europee, Monaco mi appare semplice e poco pretenziosa, nel senso piu’ positivo. Agli antipodi della cugina d’oltralpe Milano, sembra avere una capacita’ di mettere a proprio agio le persone: e’ raramente frenetica, raramente gridata, raramente rimossa dalla quiete della natura. Lo intuisco osservando il comportamento degli abitanti in metropolitana nelle ore di punta: in pochi sembrano andare di fretta, forti della puntualita’ dei mezzi pubblici e della propria capacita’ di pianificazione; gusti tedeschi a parte, in pochi danno nell’occhio per come sono vestiti, tanto che a volte ti chiedi se sei veramente in una metropoli o piuttosto in una cittadina in mezzo alla campagna. “Un paesino con 1 milione e mezzo di abitanti” dicono i monachesi, in molti orgogliosi del proprio provincialismo. Sorseggiando litri di birra all’ombra dei castagni dei bier garten, i bavaresi inneggiano “Ein Prosit, der Gemütlichkeit!”, “Un brindisi, l’agiatezza!”. Lo fa pure il direttore dell’orchestra della famosa birreria Hofbräuhaus, alzandosi in piedi, con fare pacato e modesto.

Parlo con i monachesi e mi confronto ulteriormente con l’immagine che hanno di se’ stessi: piace loro pensare a Monaco come la citta’ piu’ a nord d’Italia e alle montagne della Baviera come una “terrazza” sul Mediterraneo. Sembrano guardare a Sud piuttosto che a Nord: chi me lo fa fare di andare a Berlino o sul mare del Nord, se con le stesse ore di macchina arrivo in Toscana o in Piemonte?  Perlomeno queste sono le preferenze di un collega. Secondo lui, l’attitudine relativamente rilassata dei bavaresi e’in parte dovuta all’essere cattolici invece che protestanti: vuoi mettere avere l’opportunita’ di confessarsi, piuttosto che dovere rispondere delle proprie azioni direttamente a Dio?

In realta’, i bavaresi come d’altronde molti altri tedeschi danno l’impressione di prendere la vita tutt’altro che alla leggera, ma molto sul serio. Mi torna in mente un amico monachese che rimproverava al commentatore televisivo delle partite della nazionale tedesca di essere troppo “emozionale”, come se esprimere le proprie emozioni fosse un atteggiamento socialmente sconveniente, al contrario della freddezza di carattere. Combattendo l’imperfezione nelle sue molte forme, molti tedeschi mancano di autoironia, ma piuttosto privilegiano disciplina e severita’. Impegnati a pianificare e a tenere in perfetto ordine la propria vita e le proprie cose, a volte danno l’impressione di  vivere poco il presente per cosi’ com’e’. In misura maggiore di quanto non lo siano molte persone in altri paesi, sembrano inconsapevolmente sintonizzati sul canale dell’“io devo” piuttosto che su quello dell’”io voglio”, vittime di un fardello di doverizzazioni che grava sulla spensieratezza e forse quindi anche sulla felicita’.

E’ forse per questi motivi che ai monachesi piace pensare alla loro citta’ come a quella piu’ a Nord d’Italia? Forse vorrebbero essere un po’ di piu’ come gli italiani? Forse si’, un po’ come noi italiani che spesso vorremmo essere piu’ simili a loro (a maggior ragione nel vicino Nordest, che piu’ ne risente dell’influsso). Quel di cui piu’ mi lamento ultimamente e’ il fatto che in Italia, pur esistendo, le leggi non vengano fatte rispettare: perche’ mai il mio vicino deve parcheggiare ogni giorno in sosta vietata e non prendere mai una multa? La sua macchina ostruisce la visuale e potrebbe causare incidenti. Poche multe, poca preoccupazione. In Germania: multe garantite, molta severita’, e grande attenzione da parte di tutti nel rispettare le regole. A loro non viene concesso di sbagliare, e hanno una societa’ piu’ ordinata, ma anche molto piu’ seria. A noi viene concesso di fare quello che ci pare, e abbiamo una societa’ piu’ anarchica, ma anche piu’ spensierata. Loro (forse) invidiano noi perche’ piu’ rilassati, noi (forse) invidiamo loro perche’ piu’ civili. Loro (a volte) ci invidiano perche’ piu’ vivaci e alla moda, noi (a volte) li invidiamo perche’ piu’ affidabili e precisi. Loro potrebbero invidiare l’architettura e l’arte dei nostri centri storici, noi il verde e trasporto pubblico delle loro citta’. Ne’ noi ne’ loro raggiungiamo la perfezione ma, se solo fossimo in grado di capirlo, forse ci renderemmo conto che siamo gia’ perfetti cosi’.

Di questi tempi di battaglie economiche tra una Germania “forte” e un’Italia “debole”, che sembrano rinforzare preesistenti complessi di superiorita’ o inferiorita’, forse aiuterebbe essere piu’ consapevoli delle tante altre facce della medaglia e dell’utopismo della perfezione. Ci aiuterebbe ad accettarci per come siamo, e forse anche ad imboccare la strada del miglioramento.

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