Filippo Dal Fiore

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A scuola di sviluppo professionale

July 29, 2015
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E’ il 6 Febbraio e a Ferrara il tempo è ancora bello. Senza fermarsi il treno prosegue in direzione Bologna, ma all’orizzonte intravvediamo un muro di nubi. Mi squilla il telefono, è l’Università: Bologna si è svegliata sotto una fitta coltre di neve e la Business School di colle Barbiano rimarrà chiusa. Nulla da fare: l’avvio del mio corso di Professional Development, laboratorio di sviluppo professionale per gli oltre cinquanta ragazzi di tutto il mondo che frequentano il global MBA (Master in Business Administration), è rimandato a fine mese.

Il percorso si divide in più fasi, e rappresenta un’opportunità per condividere con altre persone gli insegnamenti raccolti in questi anni di avventure professionali. La maggior parte degli studenti si trova in una fase comparabile a quella in cui io stesso mi trovavo qualche anno fa: ha maturato alcune esperienze di lavoro e vede nell’MBA un’opportunità per accelerare o reindirizzare la propria carriera verso mete più ambiziose e personalmente rilevanti. Uno dei miei obiettivi è aiutare i ragazzi a capirsi meglio: individuando il proprio potenziale, ricostruendo il filo rosso del proprio percorso professionale, facendo luce su cosa più autenticamente ricercano nel lavoro e nella vita.

Do avvio al corso raccontando la mia storia: gli obiettivi prefissati e raggiunti, le sfide e come le ho superate, la conciliazione tra lavoro e vita personale, i cambi di settore e di Paese e la maturazione che ne è derivata, fino ad arrivare a cristallizzare un’unica  missione professionale di cui questo percorso di Professional Development è una manifestazione. Avendo vissuto sulla mia pelle le difficoltà e le soddisfazioni del “trovare la propria strada”, intendo ora supportare chi ne senta il bisogno, in un’epoca in cui risulta sempre più difficile governare il cambiamento invece che farsene travolgere. La bussola, prima di tutto.

In seconda battuta, propongo ai ragazzi la lettura di due libri: il primo sulla felicità, dello psicologo positivo Tal Ben Shahar, e il secondo sulla carriera, scritto da due head hunters americani. L’assunzione alla base di questa scelta risiede nella convinzione che per fare un buon lavoro nella vita, qualsiasi esso sia, occorra essere a proprio agio con le proprie motivazioni profonde così come con la tipologia di organizzazioni all’interno delle quali si opera. Parto dal presupposto che il mondo dell’economia nel futuro virerà dall’attuale paradigma della quantità a un nuovo paradigma della qualità, in cui prevarranno persone e stili di vita più equilibrati. Senza molto clamore, questa transizione è già in corso. Dibattiamo in aula i due testi, e mi sorprende constatare come persone di provenienza culturale molto diversa – africani, asiatici, americani, europei – assumano posizioni molto simili rispetto ai temi in oggetto.

Proseguiamo il percorso con la compilazione di una auto-riflessione professionale, documento in cui sollecito i ragazzi a riflettere sul proprio percorso e sul proprio potenziale. La struttura prevede tre sezioni: definire i miei obiettivi attuali; apprendere dalle esperienze passate; ampliare le mie prospettive verso il futuro. Alcune delle domande recitano così:

- In che modo l’MBA mi sta aiutando a capire la strada futura?
- Che tipo di attività ho apprezzato di più nel corso delle mie esperienze lavorative pregresse? Quali mie qualità sono state maggiormente riconosciute dagli altri?
- Quali attitudini e abilità sviluppate nella sfera extra-lavorativa potrei valorizzare anche in ambito professionale?
- Cosa valenza do al concetto di etica professionale? Cosa significa per me mettermi al servizio degli altri attraverso il lavoro?
- Quali sono i miei valori fondanti e modelli di ruolo?

Spiego ai ragazzi che la maggior parte delle domande provengono da una filosofia di appreciative thinking, quel pensiero apprezzativo che pone le basi della crescita su quello che già funziona bene, piuttosto che sul cambiamento di quello che non va. La spinta positiva che ne deriva farà sì che i limiti stessi vengano percepiti con meno sofferenza: perdendo molto del loro potere, potranno essere accolti e affrontati con più forza e consapevolezza.

Si tratta di una filosofia che sento ormai appartenermi autenticamente. La utilizzo anche alla volta dei colloqui individuali con i ragazzi, momenti deputati ad interpretare a un più alto livello quello che hanno scritto nel documento di auto-riflessione professionale. Mi prefiggo l’obiettivo che gli studenti escano dal colloquio più sereni e fiduciosi rispetto a come sono entrati. Tutto quello che faccio è incoraggiarli, evidenziando i successi che già emergono dalle loro storie, e trasmettendo loro più consapevolezza dei talenti su cui potranno sempre contare, indipendentemente dalla strada che decideranno di imboccare. Mi astengo da qualsiasi tipo di consiglio: solo loro, in cuor loro, possono sapere cosa vogliono veramente, tutto quello che io posso fare è facilitare un processo di presa di consapevolezza in positivo.

E’ già maggio, la primavera splende ora su Bologna. Siamo giunti alla conclusione del percorso. Raduno i ragazzi per una sessione finale in cui li invito a discutere del percorso fatto fino a qui, del significato personale assunto dalle letture e dal documento di auto-riflessione. Aprendosi uno all’altro, gli studenti condividono sogni e paure, diventando più sinceri e più forti. Manca solo un’ora, e su prezioso consiglio del life coach Alessandra Pollina, ci tengo a chiudere il corso attraverso un momento emozionale, di ispirazione per gli studenti. Inizialmente penso di condividere chissà quale grande discorso di Gandhi o Kennedy, per poi rendermi conto che le espressioni più belle le ho ascoltate proprio dai ragazzi stessi, nelle auto-riflessioni e durante i colloqui. Sullo sfondo musicale di “Credo negli esseri umani che hanno il coraggio di essere umani” faccio scorrere a schermo queste loro parole:

- Esistono molti modi per definire e raggiungere la felicità
- Il modo in cui lavoriamo è un riflesso di chi noi siamo
- Grazie a questo corso, ho imparato nuovamente a respirare e a fare un passo indietro
- Ognuno porta a casa da questo percorso quello che ci ha portato in prima battuta
- La sostenibilità arriva laddove non ci si dimentica
- La mia più grande soddisfazione è rendere gli altri felici
- Cos’è l’etica lavorativa per me? Condividere con gli altri quello che si ha e non quello che rimane
- Sì, dovevo scontrarmi con il fatto che nella vita non tutto va come vogliamo
- Nei periodi in cui dopo il lavoro mi attendevano attività gratificanti, in ufficio ero una persona migliore, più felice e più equilibrata
- Questa attività mi viene naturale, mi dà un senso di controllo in un mondo pieno di caos
- Credo fermamente che lo sviluppo in Africa possa avvenire attraverso un modello pienamente africano, che come tale può essere sostenibile attraverso le generazioni
- Penso sempre in positivo, e credo fermamente che tutto vada bene
- La carriera dal mio punto di vista equivale al caos con uno scopo, non una destinazione verso la quale qualcun’altro può guidarci
- L’esperienza mi ha insegnato che essere esperti o “di successo” non sempre è soddisfacente
- Il lavoro riguarda le persone, per questo che dovremmo agire come persone e non come robot
- Amo far ridere le persone!
- In definitiva, abbiate solo il coraggio di essere quello che già siete. Con gratitudine, Filippo Dal Fiore

La musica si ferma, siamo ancora tutti con il fiato sospeso, l’emozione è forte.
Scrosciano ora applausi e approvazioni. Gli occhi lucidi dei ragazzi mi accompagnano in fondo all’aula magna dove ho posizionato spumanti e pasticcini, rinfresco portato personalmente da Padova. Il mio computer è ancora connesso alle casse, alcuni ragazzi se ne sono impossessati per lanciare la loro musica preferita. Altri studenti mi abbracciano e scattiamo foto insieme: la loro festa è anche il mio più grande trionfo.

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