Filippo Dal Fiore

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La rivoluzione della sostenibilità (15): un mondo di plastica

October 2, 2018
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A volte è facile lamentarsi delle aziende, e non sembrano mancarci le buone ragioni. A ben vedere, però, ogni equazione è composta da due espressioni speculari, così che chi vende esiste in funzione di chi compra.

Adottare un comportamento d’acquisto pienamente consapevole della crisi ambientale in corso appare, in alcuni casi, più facile a dirsi che a farsi. La vita moderna è talmente piena di cose da fare e da acquistare, che ci mancano tempo ed energie per valutare l’impatto delle nostre scelte di consumo. Il mercato ci ha in qualche modo viziato: spesso prediligiamo i prodotti convenienti a quelli più etici ed eco-sostenibili; non rinunciamo alla comodità di acquistarli confezionati in un involucro di plastica, per poi trasportarli dentro sacchetti più o meno riciclabili. In molti, negli ultimi anni, abbiamo visto crescere a dismisura l’accumulo di rifiuti domestici.

Anche complici le lunghe distanze di trasporto, i generi alimentari si presentano sempre più avvolti da fogli di carta, plastica o ibridi. In buona parte di bar e ristoranti si tende a fare un uso poco discriminato di salviettine e stoviglie monouso. I produttori di acqua minerale producono versioni nuove versioni di bottiglie in plastica, di diverse misure per soddisfare esigenze più specifiche dei consumatori. L’industria della plastica e della carta traggono beneficio diretto da questa generale espansione, prediligendo i materiali tradizionali a quelli biodegradabili per ragioni di costi. Il grande pubblico si sta certamente orientando verso il riciclo, ma senza conoscerne dettagli e risvolti (quanto efficaci e quanto inquinanti sono le tecniche di riciclo e incenerimento?). I governi, se vogliamo ormai clamorosamente, mettono in atto ancora poche regolamentazioni atte a contenere il fenomeno.

Inoltre, si fa uso in generale uso di molti più oggetti rispetto a un tempo. Un genitore come me si rende presto conto della moltiplicazione di quelli funzionali alla gestione dei bambini: dalle salviette igienizzanti ai vestiti low-cost, dai giocattoli in plastica Made in China ai passeggini iper-sofisticati ai supporti per ogni genere di necessità. Se è vero che spesso ne guadagniamo in comodità e varietà, è anche vero che questa oggettistica ci può appesantire facilmente la vita, perché richiede tempo ed energie per essere scelta, acquistata, mantenuta e riordinata. Non sempre, d’altronde, siamo consapevoli di quello che facciamo e abbiamo: come sono stati prodotti e trasportati i nostri, in relazione all’ambiente e alle persone coinvolte? Quali opzioni abbiamo per lo smaltimento o al passaggio di consegne? Sussisteva una reale necessità per ciò che abbiamo acquistato, o ci siamo piuttosto lasciati trascinare dalla moda o dalla compulsività?

Fortunatamente, le cose stanno cominciando a cambiare. Proprio parallelamente al picco di consumismo che l’umanità sta vivendo, stanno emergendo nuove iniziative di reazione. L’innesco è rappresentata dall’acquisita consapevolezza di persone, imprese e paesi che in qualche modo si fanno precursori di un nuovo trend. Mettendo in gioco cultura, senso civico e sensibilità, ci si documenta, ci si confronta, ci si mette alla prova in diverse sperimentazione. A mano a mano che ci si rende conto della propria compartecipazione in fenomeni dai risvolti negativi, ci si sposta progressivamente verso comportamenti d’acquisto più convenienti per sé stessi e per il mondo.

E’ una foresta che cresce senza fare molto rumore, un processo rigenerativo destinato ad acquisire sempre più massa critica. Non basta per il momento a contrastare l’altrettanto continua crescita del consumismo, e di certo non ci lasciano indifferenti le proiezioni negative della ricerca scientifica rispetto alle catastrofi ambientali in corso. Il futuro, però, è imprevedibile: così come si potranno raggiungere punti di non ritorno (tipping point) ambientali e climatici, ci potranno essere sviluppi naturali e umani inaspettati destinati a cambiare altrettanto sorprendentemente il corso degli eventi.

Non si sottovaluti la straordinaria forza degli esseri umani: nuove culture, nuove invenzioni, nuove istituzioni, nuovi leader, nuovi paradigmi di vita sono, in qualche modo, dietro l’angolo, perché questo futuro è in parte già presente e visibile in forma primordiale dentro il mondo di oggi (e lo si legge negli occhi e nelle speranze delle nuove generazioni). Come afferma l’economista Kenneth Rogoff e come credo ci insegni la storia, i sistemi sociali resistono molto più a lungo del previsto, ma sono poi molto veloci a crollare. La strada sembra però essere destinata ad essere ancora lunga e travagliata: è necessario arrivare alla convinzione autentica che l’umanità e il pianeta non meritino più di soffrire così.

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