Filippo Dal Fiore

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Sui valori umani: un viaggio dalla perfezione all’amore

December 6, 2019
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“Imperfezione. Una storia naturale”. Questo il titolo di un saggio di Telmo Pievani, oltre che di una sua recente conferenza a cui anche io partecipo. Rimane dentro di me uno stimolo a riflettere sul tema della perfezione, e sento che è arrivato il momento di mettere un po’ di ordine nei miei appunti…

La tesi principali sostenuta dall’accademico padovano è che il mondo naturale, lungi dall’essere un esempio di perfezione, presenta innumerevoli casi di evoluzione imperfetta. Lo studio del genoma umano e animale, per esempio, rivela che esso è pieno di asimmetrie, ridondanze e “rattoppi”. L’universo stesso cresce attraverso imperfezioni, tanto che Pievani sostiene che l’evoluzione “non è un ingegnere che ottimizza le sue invenzioni, ma un artigiano che fa quel che può e trasforma con fantasia il materiale a disposizione, arrangiandosi e rimaneggiando”.

Riconoscere che anche la natura è imperfetta, secondo l’autore, solleva gli esseri umani da un rigore e un’ansia da prestazione che non sono realmente necessari. L’insegnamento della natura è invece quello di accogliere tutte le diversità e le fragilità in gioco, perché lungi dall’essere dei difetti esse rappresentano i mattoni dell’evoluzione.

Questo messaggio sociale mi fa sentire bene, ed è quello che a mio avviso ha disperatamente bisogno il mondo di oggi, per riuscire finalmente ad accettarsi e valorizzare la straordinaria bio/umano-diversità di cui si compone. Se le cose stanno così, resta però da chiarire il perché la ricerca della perfezione, o forse solo del proprio perfezionamento, sia una caratteristica così squisitamente umana. Esiste in noi un’inclinazione verso il bello, il buono e il ben fatto, ovvero verso ciò che trasmette agio profondo e fa gioire il nostro spirito.

Culturalmente, il concetto di perfezione viene associato strettamente a quelli di ideale, un ideale che per molti è di natura divina e teleologica, ovvero ha la capacità di dare una direzione alle nostre vite. Vive dentro di noi il desiderio del miglioramento continuo, e per molti di noi il perfezionarsi equivale al liberarsi dagli elementi di sofferenza, per creare maggiore benessere per sé stessi e per gli altri. Nell’attuale stadio evolutivo della coscienza umana, ragionare in termini di perfezione e imperfezione sembra quindi avere senso.

Facendo un passo avanti, noto che le riflessioni innescate dalla conferenza mi portano a focalizzarmi su altro concetto che evidentemente vi è correlato, ovvero quello di “valore”. Una certa visione della perfezione, infatti, potrebbe portare le persone a distanziarsi dalla consapevolezza che tutto e tutti in questo mondo hanno valore, in sé stessi, a prescindere dalle caratteristiche manifestate. Come esseri umani tendiamo a sviluppare forte attaccamento verso valori normalmente associati alla perfezione, quali bellezza, coraggio, vigore, salute, competenza, giustizia. Questo è meraviglioso, però sembra che ci possa essere un risvolto negativo della medaglia allorquando concludiamo che coloro che non manifestano queste caratteristiche sono privi di valore, quindi (il passo è breve) disprezzabili. La storia umana ha costruito ideologie distruttive elevando questi valori a sommi valori, ovvero metri ultimi di giudizio.

Di contropartita, questo ragionamento mi porta a individuare un altro livello di valori che, a differenza di quello precedente, non si presta alla costruzione di ideologie. Penso a tutti i valori normalmente associati all’amore, ovvero rispetto, consapevolezza, umiltà, perdono, compassione, generosità, integrità, servizio. Nella loro forma più autentica, questi valori rappresentano un’emanazione diretta del cuore, scevra dei costrutti mentali di cui si nutrono le ideologie. Chi ama veramente non può disprezzare nulla di questo mondo, perché è libero dal bisogno di perfezione (frutto dell’“ego”, costruito dalla sua mente) e al contempo è ancorato alla piena accettazione (generata dal “sé superiore”, che vive nel suo cuore). Ce lo insegnano i bambini, che non a caso Madre Teresa di Calcutta considerava i più grandi maestri.

In conclusione, ho la sensazione di avere scoperto qualcosa di importante, per lo meno per me stesso.
In fondo quello che il mio cuore più desidera è che i miei ragionamenti siano finalizzati a riscoprire l’Amore, e quindi anche la liberazione della vera umiltà. L’“Amore è la forza più grande che il mondo possieda” sosteneva Gandhi: forse solo quando riusciremo a spiegare tutto nei termini dell’Amore e in funzione dell’Amore, lo avremo finalmente compreso.

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