Filippo Dal Fiore

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Quale opinione pubblica, e perchè?

January 25, 2021
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E’ passato quasi un anno dall’inizio della crisi Covid, e questo tema domina ancora senza rivali le agende mediatiche e l’attenzione dell’opinione pubblica.
Il format predominante rimane quello del “bollettino di guerra” con il conteggio giornaliero dei malati e dei morti, suddivisi per regione e per nazione. Ogni giorno della settimana, ogni settimana, ogni mese è ormai così, e non sorprende che la gestione di questo virus abbia ormai compenetrato la psiche e la conversazione di tutti.

Questo enorme faro puntato a giorno sulla minaccia in corso trova il suo senso nel fatto che la crisi è inedita e ha risvolti molto ampi, non solo sulla salute pubblica, ma anche sulla quotidianità, socialità, lavoro ed economia di tutti. Al contempo, mette in evidenza quello che sembra essere lo strapotere mediatico sulle nostre vite: mai come ora ci rendiamo conto di quanto i media – a cui ora possiamo contribuire anche noi attraverso i social – concorrano a pilotare la nostra percezione della realtà, cercando di mantenerci agganciati attraverso la paura.

Mai come ora, a mio avviso, ha senso pensare all’opinione pubblica in termini di convenienza e di bene comune, chiedendosi:

- se è vero che chi è nella posizione di divulgare parole, immagini e dati ha il potere di plasmare l’opinione pubblica, in che direzione ha senso farlo? Quanto può essere utile, per risolvere la crisi che stiamo attraversando, bombardare le persone di input psicologici fortemente connotati in termini di sofferenza?
- descrivendo il virus esclusivamente in termini di minaccia nemica contro cui è in corso una guerra, non si rischia di andare ad alimentare esattamente quello che si vorrebbe vedere ridimensionato?
- fomentando la paura, non si corre il rischio di indebolire le persone invece che rafforzarle, proprio in un momento in cui mantenersi in forma fisica e in equilibrio emotivo è ancora più importante?

Fosse per me, punterei più umilmente a costruire un sano livello di attenzione intorno al tema Covid, aiutando le persone a mantenersi allerta e a comportarsi di maniera responsabile. Per far questo, occorrebbe però emanciparsi da due tendenze che caratterizzano le narrative mediatiche, di questi tempi: la tendenza al sensazionalismo, da una parte, e la tendenza al riduzionismo, dall’altra.

Un approccio sensazionalista vuole che ogni informazione debba essere necessariamente caricata di pathos e di emozioni, per catturare l’attenzione della propria audience in un’arena competitiva in cui si è in gara con altri, sentendosi pressati a vendere il proprio prodotto e gli annessi spazi pubblicitari. Se queste sono le premesse, risulta inevitabile che si ingaggi una sfida ad alzare progressivamente il tiro, in una rincorsa sensazionalista che in realtà tende all’appiattimento e all’emulazione (verso i contenuti che impressionano di più, in grado di “assuefare” il pubblico più facilmente).

Un approccio riduzionista si genera quando non si riesce ad entrare in contatto con una visione ampia e multi-prospettica della realtà, finendo per fossilizzarsi su una prospettiva ridotta (per l’appunto) e a senso unico. La copertura mediatica predominante rispetto alla crisi Covid è esemplare al riguardo: ci si focalizza univocamente su come il virus contribuisca a generare malati e morti; il virus è l’unico colpevole per la nuova disastrosa situazione in cui ci troviamo, e l’unica nostra battaglia.
Al contempo, però:

- si trascura il fatto che le misure restrittive messe in atto per il virus contribuiscano a generare un contenimento delle malattie e delle morti per altre cause (riduzione delle affezioni respiratorie per inquinanti atmosferici; abbassamento del numero di incidenti stradali), oltre che un re-orientamento degli stili di vita verso un modello più salutare (riduzione di stressanti spostamenti di lavoro; incremento della mobilità dolce, a piedi o in bicicletta; incremento nella frequentazioni delle aree naturali; incremento dei rapporti di vicinato)

- si trascura il fatto che, nelle società umane, la malattia e la morte siano sempre esistite e sempre esisteranno per i motivi più diversi.
Da questo punto di vista, viviamo in un periodo storico molto privilegiato: si stima che solo negli ultimi 50 anni l’aspettativa di vita in un paese come l’Italia sia aumentata di oltre 10 anni. La grande maggioranza di coloro che oggi risultano deceduti a causa del Covid sono persone anziane (età media 80 anni, mediana 82 anni, secondo i dati ISS) che presentavano comunque altre patologie pregresse: non solo non sarebbero comunque vissuti molto più a lungo, ma solo 50 se non 30 anni fa non si sarebbero nemmeno trovati in vita alla loro età, per così dire.

- si trascura il fatto che la decrescita economica indotta dalla crisi Covid arriva in un momento storico in cui tutti gli indicatori di sostenibilità ambientale, a livello mondiale, sono sul punto di infrangersi. La crisi sanitaria impone un rallentamento a un sistema il cui portato distruttivo è ormai sotto gli occhi di tutti, in termini di surriscaldamento globale, eventi estremi, distruzione degli ecosistemi, deperimento delle risorse naturali, eccessi di una cultura materialista-consumista che impoverisce e danneggia tutti.
Da questo punto di vista, la crisi Covid è un prezzo che stiamo pagando nel breve termine per salvaguardare la nostra esistenza sul lungo termine.

Sembra quindi esserci un grande spazio di opportunità per ampliare il discorso collettivo che determina la cosiddetta opinione pubblica. Occorre a mio avviso riguadagnare la consapevolezza che la nostra attenzione e le nostre energie mentali sono un bene molto prezioso, e come le utilizziamo risulta determinante non solo per il nostro benessere, ma anche per la salute stessa che oggi più che mai cerchiamo di tutelare.

Per far questo, a mio avviso, occorre rivisitare a monte il concetto stesso di malattia, che in ambito medico-scientifico viene ancora troppo spesso associata a una pura degenerazione o a un puro accidente, piuttosto che a un sintomo di un più profondo e ramificato squilibrio psico-fisico che viene a galla proprio per consentirci di evolvere verso un più alto grado di serenità e di consapevolezza. Di certo siamo chiamati a contenere i danni – e in questo la medicina scientifica risulta spesso indispensabile – ma al contempo siamo anche chiamati a riscoprire e valorizzare le risorse a nostra disposizione, a partire dalle difese naturali e immunitarie.
A questo livello, forse, risiede il senso ultimo delle crisi che stiamo vivendo: una serie di nodi pregressi stanno venendo rapidamente al pettine, consentendoci di vedere più chiaramente quello che da molto tempo rimaneva nascosto. Mettendo le cose sotto nuova luce, ne consentiremo la loro risoluzione.

Immagine: Garzon (via Google Images)

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