Filippo Dal Fiore

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I luoghi che noi siamo

July 29, 2014 No Comments»
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Mi lascio alle spalle la Basilica del Monte e sfreccio tra i frutteti verso il casello di Cesena. Suona il telepass e entro in A14 direzione Bologna. Sfilano alla mia sinistra le colline della Romagna, e la vista di Bertinoro mi riempie di affetto per la terra dove sono nato e dove si sono sedimentati i ricordi più belli della mia infanzia. Sono sceso a riaccompagnare a casa la nonna Maria, di anni novantatre: da qualche mese ormai non faceva che parlare del matrimonio di mio fratello Tommaso, che non voleva perdersi nonostante il laborioso trasferimento necessario sui Colli Euganei.

Eccomi ora a Bologna, imbocco l’A13 che punta dritta verso nord, verso Padova e il Veneto. Sono ancora pieno della gioia e delle emozioni della giornata di ieri: era come se tutta la nostra famiglia si sposasse con Tommaso, uno di quei momenti in cui si celebrava la nostra identità, l’essere per l’appunto identici e un tutt’uno l’uno con l’altro nonostante le diverse storie personali. Le nostre persone e i nostri luoghi, i nostri luoghi e le nostre persone. Queste sono le radici che ci legano al mondo, e forse nulla come queste radici può riempire la nostra vita nel profondo, in un rapporto d’amore foriero di soddisfazioni, ma anche di sofferenze e di tribolazioni.

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Società fondata sul lavoro o distrutta dal lavoro?

July 2, 2014 No Comments»
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Arriva l’ora di pranzo e indugio più del solito a tavola con amici o colleghi, coinvolto in conversazioni socialmente utili e personalmente distensive. Ritorno al lavoro scrutando l’orologio, dicendomi che avrei dovuto fare prima e in generale, quando possibile, dovrei semplicemente fare il mio dovere di persona produttiva, invece di perdermi in fronzoli. E’ sbagliato chiedersi se ci sia un urgente bisogno di fare chissà che cosa, non importa che io non debba timbrare nessun cartellino in quanto libero professionista, quello che conta è lavorare per non sentirsi in colpa per non averlo fatto.

E’ interessante a questo punto notare come questo insidioso senso di colpa che credo accumuni molti di noi sia slegato dal generale contributo che diamo alla collettività. Tipicamente, il tempo sottratto al lavoro è un tempo dedicato alle relazioni sociali e al benessere personale, due condizioni indispensabili per funzionare bene in società. E’ più importante trascorrere una mezzora in più con i propri figli, nella propria comunità, o dando ascolto e compagnia a un amico, o mezzora in più lavorando a chissà quale ennesima attività? Vale veramente la pena lavorare quanto più possibile, quindi in condizioni di assuefazione o di stress, piuttosto che porci un limite puntando su maggiore qualità, presenza mentale (mindfulness) e attenzione agli altri?

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