Filippo Dal Fiore

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Tra profitto e sostenibilità

October 24, 2014 No Comments»
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Si fa sempre più interessante il mio lavoro di preparazione del corso di “sostenibilità” per l’Università di Bologna. Grazie all’esperienza in Great Place To Work, il mio sguardo sul mondo delle aziende è sempre più quello di un insider: le realtà molto virtuose con cui vengo in contatto mi fanno capire come un’impresa possa adottare un comportamento sostenibile e rispettoso verso i collaboratori, l’ambiente, la società, e in generale tutti gli attori con cui essa interagisce.

Nonostante tutto, sembra che l’economia di oggi viva di una contraddizione fondamentale: da una parte la collettività richiede alle aziende maggiore responsabilità, dall’altra gli investitori e gli azionisti richiedono loro sempre maggiori profitti, costi quel che costi. Sempre di più sembrano esistere due aziende parallele che poco hanno a che vedere l’una con l’altra: quella operativa, che si costruisce giornalmente dentro fabbriche e uffici, e quella “finanziaria”, immaginata a tavolino nelle boardroom e dalla comunità degli investitori.

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La mia casa, l’azienda

October 10, 2014 No Comments»
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In questo periodo dedico la maggior parte del mio tempo lavorativo alla mia azienda. Le mansioni sono perlopiù operative, anziché concettuali. Entro in contatto con altre aziende, incontro le loro persone, porto a termine analisi in modo semi-standardizzato, approfondisco dettagli tecnici, conduco incontri in cui discuto di problematiche e azioni pratiche da implementare. Nel mio piccolo, sento di fare la differenza per qualcuno e per qualcosa, e mi sento radicato in un realismo e una concretezza raramente sperimentati da ricercatore. Per molti di noi che fanno scienza o lavorano per lo più con i concetti e le idee, tutto è più fluido, raramente si ha la sensazione di dominare il soggetto di studio, e con la “testa tra le nuvole” è forse inevitabile costruirsi una visione idealizzata del mondo, nel bene e nel male.

Non è facile confrontarsi con la pratica, dopo essere cresciuti professionalmente dentro il mondo della teoria. Forse la reazione iniziale è quella di sentirsi screditato e svilito di fronte alla richiesta di portare a termini mansioni pratiche tale e quale tutti gli altri. L’intellettuale ha costruito la propria identità e il proprio narcisismo intorno a intelligenza e alto profilo morale, e ha spesso a cuore la propria carriera accademica anche e soprattutto per un bisogno di prestigio e di riconoscimento sociale. Eppure, la mia esperienza mi ha insegnato che confrontarsi con la pratica equivale sì a sporcarsi le mani, ma anche a mettere i piedi per terra, guadagnando quiete e imparando a portare più rispetto per il nostro mondo sociale ed economico, che nonostante tutto è frutto di un miracolo di micro-collaborazione e di micro-servizio tra persone. Un miracolo che si ripete ogni giorno, e che è molto più complicato e sfaccettato di quello che l’intellettuale potrebbe essere portato a pensare.

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