Filippo Dal Fiore

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Chi ci educa alla sostenibilità ambientale?

January 1, 2021
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E’ il primo Gennaio, e io sono qui difronte al computer. Oltre alle misure di restrizione della mobilità, anche il brutto tempo mi costringe in casa, ma mi ritengo molto fortunato di essere riuscito a trascorrere le scorse giornate in montagna insieme a tanta, tantissima, neve.

Forse non è un caso se questo articolo prende forma proprio oggi: al di là di tutto quello che posso dire e scrivere del 2020 appena concluso e del 2021 appena cominciato, rimane prevalente dentro di me l’urgenza di indirizzare il focus sullo stato di salute della nostra Terra. Un pianeta magico e straordinario che i lockdown ci offrono l’occasione di osservare con più lentezza e più attenzione, recuperando dettagli e angolazioni di stupefacente valore, altrimenti resi invisibili dalle nostre consuete corse e rincorse.

La narrazione dominante dell’anno appena concluso è stata quella della crisi epidemica mondiale, una situazione che a mio avviso non può essere compresa se non all’interno della più ampia crisi ambientale che coinvolge a livello ecosistemico l’intero pianeta, e che ci richiede un urgente e clamoroso ampliamento di prospettiva. Con la somministrazione dei vaccini, l’umanità riuscirà a contenere un sintomo della malattia sottostante, quel disequilibrio ecosistemico che coinvolge – indissolubilmente, insieme – il mondo umano, il mondo animale e il mondo naturale.

Da questo punto di vista, il senso ultimo della crisi del coronavirus e del 2020 appena concluso è quello di offrirci un’opportunità di risvegliare le nostre coscienze, prendendo consapevolezza dell’accelerato collasso ambientale che investe il pianeta di cui noi siamo parte integrante:

- scioglimento dei ghiacci
- innalzamento dei livello del mare
- acidificazione degli oceani
- crisi della plastica e deossigenazione dei mari
- sbiancamento e morte delle barriere coralline
- intensificazione di tempeste, inondazioni e incendi
- degrado e contaminazione dei suoli terrestri
- avanzata dei deserti
- processi incontrollati di deforestazione, estrazione, cementificazione
- processi incontrollati di produzione e gestione di rifiuti
- crollo della biodiversità vegetale
- perdita di specie animali, estinzioni di massa
- …(altro)
- …(altro)
- …(altro ancora)

E’ sbalorditivo mettere in fila tutto questo. Ed è altrettanto sbalorditivo rendersi conto di quanto il mondo umano, di fronte a tutto questo, rimanga abbondantemente ancorato al business as usual, a quel modo di fare le cose abituale ma ormai figlio di un’altra epoca:

- scuole e università continuano a trasmettere saperi definiti di maniera insulare, astratti dal mondo reale e sconnessi tra di loro
- aziende e entità politiche continuano a perseguire, prima di ogni altra cosa, l’aumento della propria leadership e delle proprie entrate economiche
- tutti noi “consumatori” continuiamo a rincorrere i prezzi più convenienti e gli acquisti poco consapevoli

Huston, we have a problem.
Mi chiedo: come è possibile tutto questo? Come si colma il vuoto tra la realtà e il nostro agito, e chi lo colma? Perché non ci rendiamo ancora conto di quello che sta succedendo?

La strada difronte a noi è davvero immensa, così come sono immense le opportunità per recuperare il tempo perduto e cambiare la traiettoria della nostra storia umana. Sento che una rivoluzione culturale e scientifico-tecnologica di scala ancora inimmaginabile ci attende in un futuro non remoto, una rivoluzione focalizzata sul solo obiettivo di rigenerare quello che è stato degenerato, così nel mondo naturale-artificiale esterno così nel mondo interiore degli esseri umani.

Nel frattempo, il lavoro da fare è veramente tanto, e non può a mio avviso cominciare se non da un’immensa opera di ri-sensibilizzazione degli animi umani e ri-prioritizzazione delle nostre esperienze di vita. Il Covid ha giustamente catalizzato la nostra attenzione per molto tempo, a questo punto. Ora occorre fare un salto di qualità, alzando la testa verso il grande mondo intorno (e dentro) a noi, lasciandoci trasformare da tutto quello che quello arriva.

Per me stesso, quindi, esprimo questo desiderio per il 2021, ovvero quello di utilizzare le innumerevoli ore che trascorrerò di fronte ai media, da una parte, e in ambienti aperti, dall’altra, per rinsaldare il mio amore per la natura e per gli esseri umani, sperimentando modi sempre più equilibrati di essere e di agire. Mi prefiggo di dedicare queste giornate di pioggia a documentari (ma sarebbe più corretto definirli opere d’arte) dedicate al nostro pianeta e alla sfida della sostenibilità ambientale-umana che tanto definisce il nuovo nostro mondo post-2020.
Voglio rieducarmi ad osservare con più attenzione la meraviglia di quello che mi circonda, come il protagonista di “Il mio amico in fondo al mare”. Voglio rieducarmi a essere più coraggioso nel dar voce alle istanze del nostro pianeta, come la protagonista di “I am Greta”.
Voglio comprendere ancora più a fondo tutti i modi in cui sia possibile fare della propria sensibilità ambientale-culturale un nuovo lavoro, come dimostrato dai protagonisti di “Torno a vivere in Italia” di cui anche io faccio parte.

E poi, appena torna un po’ di sole, senza esitazione, tornerò in sella alla mia bicicletta, continuando a perdermi per le strade, per i campi e per i boschi. E poi tornerò sulla neve, a piedi, spingendomi questa volta ancora più lontano. E poi, con l’avanzare delle stagioni, ritornerò con i piedi sulla sabbia e con il corpo dentro il mare, lasciandomi educare da una verità che è più grande di tutti i maestri.

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